MAHKSC TEATRO
27 Gennaio – 19.30

TEMPI MATURI
di Allegra de Mandato.
Regia: Emanuele Arrigazzi.
Con Emanuele Arrigazzi.

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Aperitivo con food&drinks dalle 19.30 alle 20.30
Spettacolo alle 20.30
20 euro

«Al contrario il presente dell’attore è il più istantaneo, il più stretto. L’attore rappresenta, ma ciò che egli rappresenta è sempre ancora futuro e già passato, mentre la sua rappresentazione è impassibile e si divide, si sdoppia, senza rompersi, senza agire, né patire. Il paradosso del commediante allora si fonda sull’istante in cui deve contemporaneamente anticipare, ritardare, sperare e ricordare».
Gilles Deleuze

Un monologo che racconta una vita. Realtà e finzione che s’intersecano. Il mondo dello sport e la nostra storia contemporanea. La paura di non farcela e le scorciatoie. Il bisogno di esistere in una società che si dimentica tutto quello che fagocita.

Un’ora di corsa ciclistica, in cui un attore recita pedalando in bilico sui dei rulli, come un acrobata circense alla ricerca dell’equilibrio. Un uomo che racconta non solo il proprio io, ma certe persone che ha incontrato. Un piano inclinato, sospeso tra il flusso di coscienza e il rivivere sulla propria pelle lutti e sconfitte, mentre preme la voglia di riscatto e la paura di non sopravvivere a se stessi.

Ho fatto un lavoro a stretto contatto con Emanuele Arrigazzi, che è attore e ciclista, per capire la difficoltà di mantenersi in bilico sui rulli usati dagli atleti per il riscaldamento pre-gara e così trasmettere nel testo quel senso di costante precarietà.

Una storia che, scrivendola, è diventata anche un mio autoritratto obliquo dove quella del protagonista si scinde, come mai mi era capitato prima, nella mia di autrice e in quella dei personaggi che man mano s’incontrano. Egli è perciò al contempo protagonista e testimone, avversario e gregario delle vicende che lo sfiorano.

Lo sport è un’allegoria mostrata in movimento, una storia che accompagna un’esistenza emblematica: non tanto in sé, ma come presenza incessante del dubbio del fallimento che può schiacciare chi lo vive, insieme a un terrore del giudizio altrui tale da paralizzare.

La mancanza di talento, la sindrome dell’impostore, la paura ossessiva di annoiare: davanti al dubbio lacerante di chi racconta tutto ciò, ecco che la drammaturgia corre tra il filo dei pedali e in mezzo a stanchezza ed euforia; generando una sintesi tra finzione e realtà, bisogni e ferite, animata da un’insaziabile voglia di vincere al fine di sentirsi o almeno potere Esistere.

Ho lavorato sul linguaggio come richiamo di pensieri e immagini, manipolandolo tra il quotidiano e il lirico: creando un’epica del quotidiano, quindi, cercando di suscitare in chi ascolta l’idea di essere testimone di quello che succede dentro la testa del protagonista, il quale è in continuo movimento come il suo corpo.

Le parole inseguono il sudore, la stanchezza e la fatica, ma volano più alte in una storia che cerca di essere umana troppo umana.

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